29 giugno 2007
28 giugno 2007
23 giugno 2007
Il maestro che è dentro di noi
Questa settimana ho finito di curare mio cugino per un problema ad un gomito ed ad un dito. Ha ritenuto di dovermi ringraziare in qualche modo, per cui mi ha invitato a cena a casa sua. Mio malgrado ho accettato. Sapevo che aveva tre figli ma non li avevo mai conosciuti. La moglie si, lei l'avevo conosciuta al loro matrimonio una decina di anni fa. Poi non l'avevo mai più rivista. Entrambe persone "di successo". Lui un bancario di alto livello; lei una docente di matematica. Entrambi profondamente cattolici e timorati di dio.
Mio cugino è il classico tipo che si incontra con cadenza casuale pluriannulale in strada o al mercato, a meno che non sia lui ad aver bisogno di qualche cosa... in questo caso infatti saprebbe trovare chiunque in qualche ora, anche se fosse in capo al mondo. Forse una delle ricette del successo è questa... e forse è proprio per questo che non sarò mai una pesona di "successo", almeno per il significato che i più danno a questo termine.
Sua moglie è una donna veramente bella; io me la ricordavo fisicamente meravigliosa al matrimonio, e una decina di anni in più non le hanno certamente portato via nulla.
Ebbene, durante la cena, per altro qualitativamente pessima, il discorso si è focalizzato spontaneamente sull'argomento dei loro figli.
Quella che ne ha parlato maggiormente è stata lei. E mi ha fatto paura per COME ne ha parlato. Gli argomenti, per quanto profondamente dissonanti dalla morale cattolica dalla quale quasi inconsapevolmente si stava progressivamente allontanando fino ad interporvi un baratro, le considerazioni, perfino le parole, i respiri e le pause potevano essere le stesse che avrei potuto utilizzare io nell'esprimere i miei pensieri a riguardo.
Quello che penso di matrimonio e figli emerge abbastanza chiaramente in molti dei post precedenti che ho pubblicato in questo blog. In particolare per me i figli sono:
- concepiti come atti di egoismo e non di amore;
- persone che non hanno chiesto di vivere e alle quali sono imposte tutte le sofferenze che la vita propina;
- vittime di un mondo in piena emergenza demografica, nel quale le risorse non sono sufficienti che per una piccola porzione della popolazione;
- predatori costretti a cibarsi dei più deboli per sottrarre loro risorse materiali, sociali e culturali;
- prede di predatori maggiormente "adattati".
Ho sempre sostenuto che condannare una figlio alla vita per poi dire che lo si ama è una delle peggiori menzogne che l'essere umano può concepire. Se un bambino lo si ama veramente lo si adotti, lo si tiri fuori dai guai e NON si metta nei guai un nuovo nato. A queste considerazioni sono giunto senza essere sposato e senza avere figli e senza seguire altrui indicazioni politiche o religiose; mi paiono semplicemente dettate dal buon senso e sfido chiunque a contestarle fornendo però delle motivazioni con altrettanta ragionevolezza.
Bene, quello che mi ha davvero colpito è stato sentire la moglie di mio cugino sostenere tutte le mie tesi, punto per punto, senza che io le ne avessi precedentemente parlato, oltretutto documentandone la veridicità con riferimenti concreti ai suoi tre figli. E questo nonostante i suoi convincimenti religiosi che imporrebbero pensieri diametralmente opposti. Poi mi ha raccontato di episodi specifici a tratti agghiaccianti (dei quali ovviamente non posso riferire) che hanno ulteriormente validato le tesi in questione. E' giunta anche lei a pensarla come me; però le ci sono voluti tre figli!!! Io sono giunto alle stesse risposte senza tuttavia aver avuto bisogno di prove pratiche.
Quanto tempo della vita passiamo alla ricerca di risposte. Le cerchiamo da soli oppure ci affidiamo alle religioni. E non otteniamo nulla. Oppure ci apriamo alle filosofie orientali e le manipoliamo fino a farne dei riempitivi per i nostri vuoti di pensiero di persone occidentali. O cerchiamo chi ci possa indicare quale sia la strada; cerchiamo maestri nelle chiese piuttosto che sotto tende di nomadi africani o rinchiusi in igloo nelle sconfinate pianure del nord del Canada. E continuiamo ad ignorare che il più grande maestro non si trova in una chiesa, ne sotto una tenda africana o chiuso in un igloo, ma è dentro di noi. Non è facile trovarlo, e una volta trovato è ancor meno facile ascoltarlo. Ascoltarlo significa vincere gli istinti insiti nella parte più animale della nostra natura umana. E' un cammino molto difficile lungo il quale ci si trova continuamente di fronte a conflitti interiori e momenti dove tutto viene messo in discussione. Eppure penso sia l'unica strada che possa portare l'essere umano e la società da lui creata verso una vera presa di coscienza e quindi verso una concreta evoluzione.
20 giugno 2007
17 giugno 2007
Il bisogno di dare e l'istinto di avere
Gli amici di cane
Il pittore è tornato a dipingere!
02 giugno 2007
Inquisizione e pedofilia: argomenti che hanno in comune i crimini del "santo" uffizio
I delitti contro la santità dell'augustissimo sacramento e sacrificio dell'eucaristia, cioè:
l'asportazione o la conservazione a scopo sacrilego, o la profanazione delle specie consacrate:
l'attentata azione liturgica del sacrificio eucaristico o la simulazione della medesima;
la concelebrazione vietata del sacrificio eucaristico assieme a ministri di comunità ecclesiali, che non hanno la successione apostolica ne riconoscono la dignità sacramentale dell'ordinazione sacerdotale;
la consacrazione a scopo sacrilego di una materia senza l'altra nella celebrazione eucaristica, o anche di entrambe fuori della celebrazione eucaristica;
Delitti contro la santità del sacramento della penitenza, cioè:
l'assoluzione del complice nel peccato contro il sesto comandamento del Decalogo;
la sollecitazione, nell'atto o in occasione o con il pretesto della confessione, al peccato contro il sesto comandamento del Decalogo, se è finalizzata a peccare con il confessore stesso;
la violazione diretta del sigillo sacramentale;
Il delitto contro la morale, cioè: il delitto contro il sesto comandamento del Decalogo commesso da un chierico con un minore al di sotto dei 18 anni di età. Al Tribunale apostolico della Congregazione per la dottrina della fede sono riservati soltanto questi delitti, che sono sopra elencati con la propria definizione. Ogni volta che l'ordinario o il prelato avesse notizia almeno verosimile di un delitto riservato, dopo avere svolte un'indagine preliminare, la segnali alla Congregazione per la dottrina della fede, la quale, a meno che per le particolari circostanze non avocasse a se la causa, comanda all'ordinario o al prelato, dettando opportune norme, di procedere a ulteriori accertamenti attraverso il proprio tribunale. Contro la sentenza di primo grado, sia da parte del reo o del suo patrono sia da parte del promotore di giustizia, resta validamente e unicamente soltanto il diritto di appello al supremo Tribunale della medesima Congregazione. Si deve notare che l'azione criminale circa i delitti riservati alla Congregazione per la dottrina della fede si estingue per prescrizione in dieci anni. La prescrizione decorre a norma del diritto universale e comune: ma in un delitto con un minore commesso da un chierico comincia a decorrere dal giorno in cui il minore ha compiuto il 18° anno di età. Nei tribunali costituiti presso gli ordinari o i prelati possono ricoprire validamente per tali cause l'ufficio di giudice, di promotore di giustizia, di notaio e di patrono soltanto dei sacerdoti. Quando l'istanza nel tribunale in qualunque modo è conclusa, tutti gli atti della causa siano trasmessi d'ufficio quanto prima alla Congregazione per la dottrina della fede. Tutti i tribunali della Chiesa latina e delle Chiese orientali cattoliche sono tenuti a osservare i canoni sui delitti e le pene come pure sul processo penale rispettivamente dell'uno e dell'altro Codice, assieme alle norme speciali che saranno date caso per caso dalla Congregazione per la dottrina della fede e da applicare in tutto. Le cause di questo genere sono soggette al segreto pontificio. Con la presente lettera, inviata per mandato del sommo pontefice a tutti i vescovi della Chiesa cattolica, ai superiori generali degli istituti religiosi clericali di diritto pontificio e delle società di vita apostolica clericali di diritto pontificio e agli altri ordinari e prelati interessati, si auspica che non solo siano evitati del tutto i delitti più gravi, ma soprattutto che, per la santità dei chierici e dei fedeli da procurarsi anche mediante necessarie sanzioni, da parte degli ordinari e dei prelati prelci sia una sollecita cura pastorale.