25 aprile 2010

La stabilità nella vita umana non esiste...

La stabilità... il poter ritenere definitivamente appagante una condizione della nostra vita. No, non esiste. Mi è evidente, nella mia misera situazione, ma non per questo lo affermo. Questa evidenza della mia vita è corroborata da una infinità di osservazioni.
Succede nel lavoro, negli affetti, nella famiglia, nelle passioni... e con questi quattro punti credo di aver coperto il 95% dei bisogni umani. Perché sarebbe proprio nei bisogni che un'anima vorrebbe trovare un po' di equilibrio, se non altro per poter aver un nido in cui posarsi e riposare. Ma questo all'uomo non è dato. Non è dato a nessuno. L'evidenza più netta ed insindacabile è l'ineluttabilità dell'invecchiamento del corpo o la sua malattia... fino alla morte. Ma l'instabilità che permea la nostra condizione è molto più strisciante. Quando ero fidanzato, dopo un po', chissà cosa avrei dato per essere single. Ora che sono sigle chissà cosa darei per avere una compagna... Ma prima ancora di questo mi è quantomai vivo il ricordo della sofferenza che patii nel passare dalla mia solitudine post adolescenziale al mio primo rapporto di coppia, nonché la sofferenza indicibile di quando tornai single.
Si anela sempre al contrario di quello che si ha. Si rischia di saltare da un piatto all'altro di una bilancia che sotto il nostro peso sbatte da un fondo corsa all'altro senza tuttavia che tale operazione acrobatica sia priva di dolore. Anzi, ne è sempre più impregnata, ogni balzo fa più male del precedente.
Oggi sono uscito per fare la spesa e, prima di questa, avendo fame, sono entrato in un Mac Donald's. Ebbene, è stata una esperienza davvero istruttiva. Ore 15 circa di una domenica milanese senza partite (per fortuna!)... bene, un Mac Donald's moderatamente popolato di tante di quelle famiglie che spesso ho guardato con invidia. Già, con l'invidia e il rimpianto di non averne avuta una di origine, e con il rimorso di non essere stato capace di crearmene una. Beh... quello che vedevo erano facce di genitori tristi e rassegnati che seguivano con annoiato interesse squadre di ragazzini anche loro non molto soddisfatti. E addentando il Big Mac li osservavo e pensavo... ma è proprio questa la famiglia che tanto mi manca? Ma è proprio questo quello che vorrei per rendere la mia vita completa? No, di fronte a quello no... O meglio, se mai avessi avuto una donna ed una famiglia so per certo che presto lei si sarebbe stancata di me e io di lei. Perché dopo dieci anni di convivenza con C. non penso sia proprio possibile che rimanga nuovamente così a lungo cieco dell'ignominia di una persona e dei suoi sporchi giochi fino a quando lei non brandisca il coltello e mi trafigga il cuore. Ormai sarei tanto più sospettoso quanto meno paziente... e quindi mi permetterei anch'io di stancarmi di lei, cosa che con C. non avrei nemmeno immaginato di poter fare. E quello stuolo di bambini... mine vaganti su un terreno a sua volta minato, nella crescita pericolosi per se stessi e gli alti almeno quanto gli altri saranno pericolosi per loro stessi. Come pretendere di educarli senza almeno in parte contenere la loro libertà? E perché dover contenere la libertà di persone che non hanno chiesto di venire al mondo?
E gli sguardi dei genitori... con Nietzsche potrei dire di non aver visto in loro l'espressione dei "risorti" per quella vita familiare, bensì quella dei crocefissi in una tragicamente routinaria domenica di primavera... Sguardo sofferente verso il coniuge (sempre che vi fosse) e annoiato verso i figli. Mi ci vedevo... cavoli, come sarei risaltato sul piatto della bilancia dei single... ed ecco la stabilità che va a farsi benedire.
Prima di andare al Mac Donald's, uscendo di casa, ho intravvisto da lontano quello che è stato un mio vicino. Uno di quelli con cui giocavo da bambino. Bene, lui qualche anno fa si è sposato, l'avevo appreso per sentito dire. Dio solo sa quanto allora l'avevo invidiato. Passandogli accanto con la macchina l'ho visto mentre scaricava un passeggino dalla macchina. Accanto a lui sua moglie. La moglie, un mostro, faccia da scroto con dieci centimetri di ricrescita bianca sotto ad una tintura malfatta, ad essere buoni dimostrava trent'anni di più di quelli che aveva. Un bambino piccolo da accudire... E questa è la realtà di quello che poco tempo fa ho invidiato.
Esempi analoghi li poteri fare con il lavoro... quante volte ho sognato di fare altro mentre ho la fortuna di avere una professione che rimane un sogno per la stragrande maggioranza delle persone??? Eppure la pulsione verso un altro lavoro è forte ed ha una sola origine: l'instabilità di fondo propria dell'essere umano.

Le pulsioni ai cambiamenti non sono sempre spinte da reali necessità... spesso dipendono proprio dalla natura instabile della nostra anima che non sa accontentarsi di quello che ha. Essere coscienti di questa nostra intrinseca instabilità mette al riparto dal compiere molte scemenze.

1 Comments:

Blogger Psy said...

Ah, che meraviglia. Vorrei averlo scritto io questo post! Ho sempre pensato che sia proprio così, ma credevo di essere io quella incontentabile, invece andando avanti mi rendo sempre più conto che pare sia un male comune (ma dov'è il mezzo gaudio?).
E' strano, in attesa di dare una svolta decisiva alla mia vita me ne sto con le mani in mano, convinta che prima o poi succederà qualcosa di spettacolare che cambierà tutto. Ogni tanto mi capita per sbaglio di decidere che sia giunto il momento di passare all'azione e di fare finalmente il salto, come dicevi tu. Poi mi rendo conto che è per lo più fatica sprecata, che sono scontenta comunque, e torno al mio stato di insofferenza contemplativa, chiedendomi se passerà mai. Mah! Come siamo difficili...

26 aprile, 2010 18:29  

Posta un commento

<< Home