23 dicembre 2011

Che sia un'idea?

Mai come in questi ultimi giorni ho pensato al suicidio, mai come adesso sono stato cosi vicino al passare per le vie di fatto. Ho pensato ai metodi, mi sono informato, alla fine saprei anche come andarmene senza fare rumore, senza paura e senza dolore.

Ma tutto questo perché???

La risposta ormai l’ho ben chiara, è coerente con tutta la mia vita, una risposta assolutamente assonante con tutto ciò che io sono, e che ho vissuto. LA MIA E’ UNA VITA SENZA NULLA A CUI TENDERE, SENZA OBIETTIVI, CHE SI TRASCINA IN MANIERA ALIENANTE IN UNA ROUTINE GIORNALIERA CHE POTRA’ ESSERE ROTTA SOLO DA EVENTI NEFASTI COME MALATTIE O LA MORTE. E tutto questo viene vissuto senza una famiglia di origine, genitori divorziati, padre schizofrenico paranoide ed eternamente irreperibile, madre nevrotica depressa e lontana, nessun fratello o sorella, nessun parente con cui avere il minimo contatto. Nessun amico, per carattere ho sempre rifuggito le situazioni di gruppo di cui non ho mai amato le dinamiche, il chiasso, e l’autoaffermazione dei ruoli "forti" che in un gruppo per definizione non mancano. Ho sempre preferito ragionare autonomamente, per tutto il tempo necessario, nei tempi e nei modi che sceglievo io, e soprattutto, decidere io ed io soltanto, su ciò che mi riguardava, dai prossimi dieci anni al singolo respiro che mi approcciavo ad iniziare pur sapendo di non essere nemmeno padrone del tempo necessario per finirlo.

Tutto questo non poteva essere compatibile con l’appartenenza ad un gruppo, e siccome da ragazzi le amicizie ce le si trova nei gruppi, io di fatto non ho mai avuto amici.

Cosa poteva rimanere ad un adolescente antisociale e comunque un minimo intellettivamente dotato, se non diventare un “NERD”??? Per chi ignora cosa sia un nerd un occhiata al link tra paretesi sarà utile (http://it.wikipedia.org/wiki/Nerd ), ma tengo proprio a precisare che questo neologismo è forgiato alla perfezione su di me, sembra nato per descrivere me, insomma ispirato da me… ma così non essendo si deve prendere atto che di gente nella mia situazione al mondo ce ne deve essere davvero tanta.

Ecco, io ho passato l’infanzia disperato come figlio di una coppia sfasciata, con un padre schizofrenico ed una madre nevrotica. Poi un’adolescenza da nerd, quindi al di fuori dal “gruppo” e senza amici, in assoluta solitudine, investendo tutte le mie energie nello studio che se non altro mi teneva vivo, mi motivava, perché conduceva verso l’obiettivo del diploma di maturità a cui tanto tenevo.

Poi da giovane uomo le cose non sono certo cambiate, la scuola non era più l’istituto superiore ma l’università, nessun amico ma sempre un solo obiettivo a tenermi vivo: la laurea. Insomma nerd ero prima e nerd ho continuato ad essere.

Al quint’anno di università mi succedeva quello che non mi sarei mai aspettato, che avrei tanto voluto ma che quasi non speravo più possibile accadesse data la mia alienazione sociale che era sempre più completa: ho conosciuto una ragazza, le piacevo e mi piaceva, e per la prima volta nella mia vita mi sono innamorato. Questo evento era così nuovo e pertanto sconosciuto da incutermi molti timori e dubbi, timori e dubbi che pian piano sembravano diradarsi di fronte all’evidenza che il nostro rapporto sembrava funzionare bene. Incredibilmente dal quel momento a tenermi in vita non avevo più solo l’obiettivo di laurearmi ma anche quello tutt’altro che impraticabile di costruire una famiglia.

Mi sono laureato ed ho cominciato la scuola di specializzazione, e siamo andati a convivere. Non mi sembrava vero, avevo contemporaneamente due obiettivi contemporaneamente che mi davano vita, specializzarmi e fare famiglia! Stupendo!

Ma le cose poi si mostrano sempre per quello che sono e la nebbia poetica che l’innamoramento sa mettere in ogni situazione ha cominciato a diradarsi permettendo di osservare con occhi razionali e critici chi effettivamente fosse la mia fidanzata: una ragazzina immatura, egoista, molto violenta fisicamente e intellettivamente, con pregressi ricoveri in ambiente psichiatrico e pregressi tentativi di suicidio. Ma io le volevo bene e ho continuato a darle tutto ciò che potevo… abbiamo convissuto per tanti anni, Dio solo sa quante volte mi ha tradito, fino all’ultima, con il suo capo, quando mi ha lasciato ed è uscita per l’ultima volta dal nostro appartamento non facendoci mai più ritorno: era quel famoso 26.10.2006 di cui tanto ho parlato su questo blog. Finivano così otto anni di convivenza.

Uno di quegli obiettivi che mi tenevano in vita era andato in pezzi: la famiglia. Era la seconda dimostrazione pratica che la famiglia fosse una cagata pazzesca. La mia famiglia d’origine era qualcosa di indescrivibile, e quella che avevo provato a costruire piuttosto che un focolaio domestico si era dimostrata essere il fallimento di un ricettacolo di psicosi, egoismo e violenza. Ne ho sofferto come una bestia ma è servito a giungere alla consapevolezza che “scoprirsi” con altre persone, abbassare con esse le difese è una cosa DA NON FARSI MAI perché equivale a mettere in mani altrui, che sistematicamente si dimostrano essere infide, delle armi capaci di fare tanto ma tanto male.

Nel frattempo mi ero anche specializzato per cui veniva meno anche l’energia vitale che mi derivava dal voler raggiungere quell’obiettivo. Avevo però cominciato a lavorare, un lavoro per il quale sono necessari undici anni di università.

Non mi rimaneva che gettarmi completamente nel lavoro, sarebbe stato quello, con le sue sfide, i suoi stimoli e i suoi successi, a mantenermi vivo. Ma così non è stato. Il lavoro si è dimostrato un ricettacolo di invidie, prevaricazioni, vessazioni, umiliazioni e quant’altro possa efficacemente fare a pezzi l’entusiasmo di una persona. Se poi si trattava di una persona come me che solo nel lavoro riversava tutte le sue energie, le sue speranze, e i suoi entusiasmi, appare evidente che uno stato delle cose di questo tipo non poteva che avere altissime potenzialità nichilistiche nei miei confronti.

Dal 25.10.2006 la mia situazione è questa:

1. Ho un lavoro alienante, noioso, che si trascina stancamente verso una lontanissima pensione che molto probabilmente non raggiungerò ma che in caso contrario sarà sicuramente "da fame"; inoltre il raggiungimento della pensione non lo percepisco certo come obiettivo vitale in quanto sarebbe il sigillo che chiuderebbe definitivamente la mia utilità nella società: tragico;

2. Non concepisco una famiglia che anzi mi appare solo come la peggiore degenerazione del concetto di gruppo sociale che ho sempre rifuggito da bambino;

3. Non credo nella sincerità di una ipotetica compagna e non ho nessuna intenzione di porre la mia fiducia in un’altra persona, dopo aver verificato a mie spese a quanto dolore questo può esporre;

4. Non ho più alcun obiettivo sul quale investire le mie energie e il mio entusiasmo; tutto quello in cui ho creduto mi si è sgretolato sotto i piedi.

In una vita cosi allo sfascio ha avuto facile attecchimento l'abuso d’alcol e psicofarmaci, con conseguente aumento di peso e continui dolori al fegato, la perdita di interessi, l'involuzione psicofisica, l'anedonia, e pensieri sempre più ricorrenti di suicidio. Ho la psiche a pezzi e il corpo segnato dagli abusi, ingrassato dall’alcol.

Negli ultimi mesi i miei pensieri sono solo due e continuano ad alternarsi nella mia testa:

1. supponendo che ne possa ancora valere la pena, da che parte cominciare a rimettere insieme i pezzi di questo sfacelo di vita?

2. il suicidio, come praticarlo, quando, e con che metodo; quali i pro e quali i conto?

Oggi, molto vicino ad abbracciare l'idea del suicidio (si veda il post di ieri sera su questo blog) e a passare per le vie di fatto, mi è venuta un'idea, quasi un'illuminazione inaspettata.

Mi è evidente l’incapacità di rimettere insieme le macerie che ho in testa, non lo so fare da solo e mi guardo bene dal chiedere aiuto a psichiatri (come medico li conosco fin troppo bene da volerli assolutamente evitare) o a psicologi, per non parlare poi dei cosiddetti “analisti”… Però sono convinto che ci sia del vero in quel “MENS SANA IN CORPORE SANO” dalle “Satire” di Giovenale. Voglio provare a curare il mio corpo, voglio fare del suo risanamento un obbiettivo di vita che vicari alla attuale mancanza assoluta di altri obiettivi a cui tendere. E se Giovenale aveva ragione, contestualmente dovrei avvertire un certo ordine anche in testa.

Da oggi parte questa nuova avventura, finalmente mi sono trovato uno scopo di vita, vediamone i risultati!