29 marzo 2009

Sarà una questione di sensibilità...

Bah, oggi sto scrivendo tanto... ho scritto più in un giorno che non negli ultimi mesi, e questo è sinonimo di malessere. Succede a tanti così, chi scrive blog, chi agende... ma sempre quando si sta male la "produzione letteraria" aumenta.
Questo ultimo post nasce dall'evidenza di come io non riesca a capire tanti atteggiamenti dai quali sono circondato. Ma non per critica degli altri, su questo anzi, a parte casi particolarissimi, sono davvero parco nei giudizi... più che altro per stupore. Stupero nel rendermi conto di come delle cose per me allucinanti, che mi ammazzerebbero prima moralmente e poi fisicamente, siano invece per la maggior parte della gente delle cose "normali". E certo, permettendosi di modificare per l'occasione una nota definizione statistica, la norma non è ne più ne meno che l'atteggiamento più frequente. E' normale ciò che capita ai più... sono normali le cose che la maggioranza delle persone fa, sono normali i sentimenti che la parte maggiore della gente prova a fronte di una certa situazione.
Ebbene, in questo messaggio scritto di getto in una pioviginosa serata domenicale sul finire delle calende di marzo, è proprio sui sentimenti che mi voglio soffermare. E sul modo in cui essi vengono vissuti... non saprei come meglio definire questa che mi torna semplice, ancorché impreciso, chiamare "sensibilità".
E' inutile negare che io non riesco ancora a togliermi dalla testa la mia ex convivente. Questo nonostante siano passati due anni e mezzo dalla grave vigliaccata che mi ha fatto. Ed ecco la sensibilità... io in quello che mi illudevo di aver costruito credevo veramente, l'amavo dvvero. E queste erano due cose che mi permeavano dall'esterno, attraverso la pelle, come radici perforanti che trovavavo una loro inestricabile terminazione in un garbuglio all'interno della parte più profonda della mia mente, della mia anima... così tanto profonda da essere altrettanto vulnerabile. Poi, da un giorno all'altro, queste radici mi sono state strappate... senza un perché, senza nessun tipo di anestesia, il garbuglio che esse alimentavano all'interno del mio corpo è stato con forza sciolto dall'esterno, senza criterio, solo con la forza bruta, strappandomi brandelli di pelle. E le ferite non sono mai guarite. Non nel senso che ora sono cicatrici, no, sanguinano, sanguinano ancora a fiotti come il collo di un maiale appena sgozzato. Ecco, questo è il modo con cui ho vissuto e che vivo l'abbandono da parte di C. 
La foto del cane in braccio a "Lui " (ne ho parlato in un messaggio poco precedente a questo)... quella non avrei proprio dovuto vederla.
Beh.. tutto questo dolore è derivato dal modo con cui ho vissuto un abbandono... Un abbandono viene definito dalla maggior parte delle persone una cosa che può accadere, e già questo fatto lo rende una cosa "normale". Si sente dire: "E' capitato a tutti..." oppure "Per una che va cento ne arrivano"... beh, la maggior parte delle persone dice questo, quindi queste cose diventano per definizione normali.
Ma allora perché le cose che per gli altri sono normali a me rischiano (e non è escluso che prima o poi lo facciano) di ammazzarmi???
La risposta forse non la so... ma di certo saperla mi aiterebbe se non altro a capire. A capire per esempio come della gente sposata con figli possa da un giorno all'altro mollare la famiglia per correre dietro a qualcuno dalla cui infatuazione non si è saputo resistere... a capire come la persona "lasciata" con i figli non ne soffra nemmeno un pochino tanto da trovare "conforto" prima ancora di aver tempo di lasciar scendere una lacrima.
Sarà che la pelle dei più, quindi la pelle "normale", è anestetizzata e se le radici vengono strappate queste lasciano il corpo senza dolore... o, peggio, la pelle "normale" è così dura da non essere mai stata permeata dalle radici. Insomma, sarà che la pelle "normale" è molto meno sensibile della mia. Sarà una questione di sensibilità...