02 luglio 2008

Il punto della situazione

Lo so, rileggendo questo post avrò l'impressione che sia stato scritto da una quindicenne isterica in piena crisi adolescenziale e non da un trentaquattrenne, quasi trentacinquenne, che dell'adolescenza non conserva quasi il ricordo.
Eppure anche i trentaquattrenni a volte hanno dei problemi. Ed è evidente come i miei siano di natura psichiatrica. Non sto bene. Dopo un periodo di relativo benessere, sono tornato a non stare affatto bene. E non si tratta di vera e propria depressione. E' più un problema legato all'ansia. Reagisco con una partecipazione emotiva veramente eccessiva a tutto ciò che mi capita... non riesco a "fregarmene" di nulla, anche di cose che normalmente non meriterebbero nulla oltre ad un pensiero ritroso. Mi rendo conto di non accettare nessuno dei miei limiti, li vivo come tragedie, specialmente in ambito professionale.
Nel lavoro qualche cosa può andare leggermente "storta"... si tratta praticamente sempre di particolari mentre la sostanza per fortuna è quasi sempre integra. Una piccola sofferenza cutanea su una sintesi perfetta di una frattura biossea diafisaria di gamba con associata frattura articolare scomposta del pilone tibiale NON è una tragedia... anzi potrebbe essere considerata una complicanza "quasi" normale. Eppure io la vivo come una tragedia.
Sono poi ossessionato dagli aspetti medico-legali... dall'uso spesso pretestuoso di strumenti giuridici usati in maniera immorale. Ad esempio i procedimenti penali intrappresi unicamente per accelerare eventuali risarcimenti in sede civile.
E poi non riesco a fare i conti con la mia coscienza. Se sbaglio qualcosa NON ME LO PERDONO. E a nulla vale il tentativo di convincermi che in quel momento stavo cercando di fare del mio meglio. Non mi so assolvere... la mia coscienza non mi assolve.
Il ruolo che mi è stato affibbiato di "punta di diamante" della traumatologia di un grande ospedale mi va stretto. Non l'ho cercato e non lo voglio. Quanto mi basterebbe poter lavorare in serenità e con delle normali aspettative... Ma da me non ci si aspetta una buona sintesi, ma una sintesi perfetta, non ci si aspetta una riduzione accettabile ma sempre e comunque una riduzione anatomica... anche quando non è umanamente possibile. NON CE LA FACCIO PIU'!
E poi l'aspetto "sentimentale". Ormai sono permeato fino al midollo da una misoginia intransigente... una misoginia non ideologica ma "difensiva" e forse proprio per questo intransigente. In settimana ho dovuto comunicare con parole molto dure la mia non disponibilità ad impegni "affettivi". So di aver ferito una ragazza e non riesco a perdonarmi nemmeno questo. Provo a convincermi che il non aver preso in mano la situazione sul nascere avrebbe portato a maggior sofferenza, ma questo non mi basta. Mi vergogno di me stesso, forse perché so quanto è grande la sofferenza che deriva da un rifiuto.
Poi le ferie forzate... questo luglio a casa non voluto ma imposto dalla necessità di arrivare a settembre con meno giorni possibili di ferie residue. Ho tutto il tempo per pensare, per farmi male con le mie elucubrazioni mentali, le giornate vuote sono un ottimo presupposto per farmi divorare dall'ansia. Non ho programmato di andare da nessuna parte, non me la sento, l'esperienza di solitudine in Egitto dell'anno scorso mi angoscia ancora.
Piuttosto che niente mi si è rotto persino il televisore. Non lo accendo quasi mai ma l'idea di non averlo mi mette ansia... mi rendo conto che anche questa è una cosa da pazzi. Risultato: oggi me ne portano uno nuovo.
Ho ricominciato con il Prozac. 80 mg al giorno. E' l'ennesima volta che comincio una cura contro un episodio acuto di depressione. La prima è stata quando C. mi tradiva con un suo professore dell'università. E da allora le occasioni per divorare Prozac non mi sono mancate. Solo che questa volta avverto tutti gli effetti collaterali dell'inizio terapia, compresa l'ideazione suicida... ma per fortuna tale reazione avversa sta finendo, la terapia sta andando a regime.
Luglio è ancora lungo...